Italia-Cina: La Via ora è digitale (Mi.Fi.)
December 06 2021 - 3:14AM
MF Dow Jones (Italian)
La via della seta è sempre più digitale e prevede investimenti
in tutto quello che è connettività e scambio digitale. Può quindi
catalizzare lo sviluppo globale, nell'ottica della cooperazione e
della sostenibilità, e non di meno beneficiare le imprese italiane.
Questo il messaggio principale della quarta edizione del forum Belt
& Road Initiative, organizzato da Class Editori, con il focus
sul rapporto tra Cina e Italia. «La nuova globalizzazione è la
digitalizzazione» e il principale motore di questo cambiamento nel
business è l'e-commerce che, a sua volta, «ha generato innovative
modalità di pagamento» ha dichiarato Du Guochen della Chinese
Academy of International Trade. Da un lato, il commercio digitale
transfrontaliero elimina i confini e di conseguenza riduce i costi
nella catena globale di approvvigionamento. L'e-commerce può quindi
contribuire a migliorare i fatturati industriali, come dimostrano i
dati sulle esportazioni delle imprese italiane, riportati da Luca
Ferrari, ambasciatore italiano a Pechino: negli otto mesi dell'anno
in corso il volume dell'export è cresciuto del 30% rispetto al
2020, arrivando a 13 milioni di euro pari a tutto il 2019
pre-pandemico. È dunque vincente la «strategia
dell'internazionalizzazione delle pmi italiane, soprattutto verso
la Cina che ha un bacino di circa 1,4 miliardi di possibili
clienti» e con il maggior numero di utenti su internet (900
milioni). Dall'alto lato, la rivoluzione digitale passa per le
innovazioni dell'e-payment, e in questo processo «lo scambio di
buone prassi e di esperienze è centrale».
La banca centrale cinese ad esempio, ha già introdotto una
normativa sulle cryptovalute per evitarne l'uso speculativo e
immettendo nel mercato lo yuan digitale, regolamentato e
centralizzato, disponibile, ad oggi, «in 28 territori e fruibile
con l'app per il 10% della popolazione». La transizione digitale
non è quindi per l'ambasciatore soltanto «un percorso ormai
obbligato» ma una strada piena di opportunità. E la rinnovata via
della seta, lanciata nel 2015, ne è una realizzazione importante.
Prevede, infatti, un flusso di 11 mila miliardi di dollari per i
Paesi che attraversa, entro il 2025, con l'obiettivo di «sfruttare
il potenziale digitale tecnologico e poter condividerne così le
opportunità». Queste le parole dell'Ambasciatore della Repubblica
Popolare Cinese in Italia, Li Junhua, che ricorda la direzione di
apertura scelta il mese scorso dalla plenaria del Partito, fondata
sulla collaborazione con gli altri Paesi, necessaria per «dare
maggiori vantaggi ai popoli coinvolti», come anche l'esperienza
pandemica ha dimostrato. La collaborazione deve abbracciare
soprattutto i settori controversi: la regolamentazione dei dati e
della proprietà intellettuale, l'accesso e la fiscalità del
mercato, come anche la salvaguardia dei dati «con fermezza,
combattendo i leak e gli attacchi hacker senza però usare la
sicurezza informatica per mascherare il protezionismo commerciale»
ha ammonito Li Junhua. Entrando nello specifico del caso italiano,
il nostro tessuto di piccole e medie imprese può trarre importanti
benefici dalla digitalizzazione e dai rapporti bilaterali con la
Cina. In primis, Zhai Kun della School of International Studies
dell'Univesità di Pechino, ha sottolineato come il digitale «possa
salvare le aziende italiane che nelle piccole città rischiano di
scomparire». Sicuramente è conveniente per le pmi italiane
investire nella seconda economia del mondo e il principale partner
commerciale europeo (esclusi i servizi), destinato per giunta a
crescere nei prossimi anni del 30% in diversi settori. Anche nei
momenti, come quello che stiamo vivendo, di incertezza e
rallentamento economico, perché non c'è dubbio per Carlo D'Andrea
della Camera Europea, «che come l'800 è stato il secolo dell'Europa
e il '900 degli Usa, questo è quello della Cina e dei Paesi
asiatici». Eppure, «fare impresa lì non è facile, bisogna fare i
compiti a casa» e studiare. La cultura è infatti «un vero e proprio
asset tangibile e monetizzabile, capace di accrescere le
performance di un'azienda che guarda all'internazionalizzazione in
particolare verso la Cina», ha affermato Francesco Boggio Ferraris,
della MF Academy. Nella pratica, le imprese devono, «restare
costantemente aggiornati sui cambiamenti normativi e di mercato»
altrimenti si rischiano impedimenti d'azione o multe salate.
Servono, ha precisato Santiago Mazza della Retex, persone
all'interno della società che si occupino solo dei rapporti e delle
comunicazioni con la Cina, per giunta in lingua cinese. Non di
meno, le imprese devono fare propria una visione a medio termine di
almeno tre-quattro anni se voglio investire in Cina. E inoltre, è
necessaria una vera e propria mediazione culturale, per
approcciarsi ad una realtà così peculiare.
Innanzitutto «i cinesi si fidano dei cinesi» e in questo possono
aiutare i key influencer leader, i nostri influencer, ma ovviamente
anche tra questi, ha chiarito Mazza, serve una selezione
consapevole e specializzata. Ma sussistono significative differenze
anche tra le diverse province cinesi, come la Camera di Commercio
italiana ha potuto constatare sul territorio. Le imprese italiane
devono essere quindi accompagnate, come si impegna a fare Ice,
nella strutturazione di una comunicazione adatta al target, con il
visual marketing adatto e mettendo prodotti in vendita, in linea
con la domanda cinese. Anche se «un po' in ritardo», come ha
puntualizzato Michele Norsa di Ferragamo, tra i Cinesi si è diffusa
anche la consapevolezza dell'importanza della sostenibilità. Tutte
le imprese italiane, intervenute al forum, hanno recepito questo
messaggio dalla pelletteria, all'automotive passando per le
commodities. E soprattutto lo hanno interiorizzato nei propri
progetti di investimento e ricerca sia il settore energetico che
quello siderurgico. Matteo Tanteri, ceo Snam China, ha dichiarato
che il governo cinese sta iniziando a fare controlli, il che
«significa che le cose si faranno» e si apriranno ulteriori spazi
per le eccellenze italiane della transizione ecologica. Nel breve
periodo, la Cina raddoppierà l'uso di gas, e qui giocherà un ruolo
lo stoccaggio italiano. Aumenteranno gli investimenti in
rinnovabili e qui subentreranno alcune componenti italiane.
Infine la potenza asiatica si impegnerà nel migliorare i
processi produttivi dei settori energivori di carta, vetro e
acciaio. Sull'evoluzione di quest'ultimo comparto in Cina si è
soffermata Anna Mareschi Danieli del Danieli Group. Per ridurre le
emissioni entro i limiti prestabiliti, è previsto un massimo
intervento sulla siderurgia cinese che rappresenta il 17% delle
emissioni di Co2 del Paese. Nello specifico, si opererà per
eliminare o almeno ridurre al minimo le esportazioni di acciaio,
per riciclare maggiormente l'acciaio e per investire in energie
diverse in primis l'idrogeno (acciaio ad oggi da combustibili
fossili al 20%). Per davvero puntare alle emissioni zero, secondo
Tanteri, sarà però fondamentale una tecnologia di cattura della
Co2. Tutti i richiamati investimenti sul digitale non devono
eliminare certo i flussi di capitale nella via della seta
tradizionale ossia fisica. Bisogna, anzi, trovare «il sapiente
equilibrio tra l'online e l'offline» ha commentato Mario Boselli,
presidente della Fondazione Italia-Cina. L'integrazione tra nuove
tecnologie e infrastrutture fisiche è incarnata, tra gli altri,
dall'Utlc Era. I corridoi ferroviari da e verso la Cina non solo
riducono le distanze, con medie di viaggio tra volte inferiori alle
navi ma sono anche più green: il ceo Alexey Grom ha riportato come
esempio il tratto ferroviario Cina-Verona che produce 10 volte di
Co2 in meno rispetto agli alternativi mezzi di trasporto.
red
MF-DJ NEWS
0608:58 dic 2021
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December 06, 2021 02:59 ET (07:59 GMT)
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