MILANO (MF-NW)--Si chiama Pniec, Piano nazionale integrato per l'energia e il clima. Ma si legge rinnovabili. E' sulle fonti green che il nostro Paese, nella proposta che il ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica ha inviato a Bruxelles in estate, ha basato il processo di decarbonizzazione, in attesa di sapere se anche il nucleare, che è stato inserito nella tassonomia europea, potrà avere un ritorno nel nostro Paese. Gli obiettivi sono ambiziosi: costruire 80 Gw di rinnovabili entro la fine del 2030.

"Al ritmo attuale - ha detto Renato Mazzoncini, ad di A2A in un'intervista a L'Economia del Corriere della Sera - difficilmente ce la faremo. Se confrontiamo l'installato mensile del gennaio 2022, che è stato di 100 Mw, con quello del giugno 2023, 500 Mw, abbiamo una moltiplicazione per cinque in diciotto mesi. E' evidente che c'è stata un'accelerazione, legata al Pnrr, al Superbonus, alla crisi energetica e alla guerra in Europa, che ha reso necessario aumentare l'indipendenza energetica. Ma per raggiungere i target del Pniec è necessario procedere in maniera più spedita gendo su due fronti".

"Il primo è quello delle 'aree idonee'. Una semplificazione nel permitting c'è stata, ma non è sufficiente. Serve una sorta di piano regolatore. Dobbiamo sapere quali sono i terreni su cui poter realizzare gli impianti solari ed eolici, come accade quando si vuole costruire una casa. Si va al Comune e si chiede se il terreno è edificabile, senza incertezza. E' fondamentale avere subito un efficace decreto Aree Idonee, che appare nuovamente arenato nel dibattito Governo-Regioni, per riuscire a rispettare gli obiettivi", ha spiegato.

Il secondo fronte, ha aggiunto, consiste nel "non congestionare Terna, e a seguire le amministrazioni locali, che sono sommerse di richieste di connessione alla rete e conseguenti autorizzazioni di impianti. Siamo arrivati a oltre 300 Gw di progetti presentati, quattro volte di più rispetto a quelli che dobbiamo realizzare in base al Pniec. La maggior parte di questi non ha robustezza dal punto di vista tecnico e finanziario. Qualunque soggetto, anche se non si è mai occupato di rinnovabili e senza alcuna capacità finanziaria, può presentare la domanda per un progetto solare ad esempio da 200 Mw, 200 milioni di investimento almeno, anche se non ha risorse finanziarie e non è proprietario del terreno. Nonostante non sia nelle condizioni di portare a termine questo impianto, Terna è obbligata a fare un preventivo e a occupare capacità nelle cabine primarie nel caso il richiedente lo accetti".

Secondo Mazzoncini, "una volta accettato il preventivo di connessione emesso da Terna, le richieste finiscono sul tavolo dei Comuni, sepolti da una quantità incredibile di progetti non selezionati dal punto di vista tecnico ed economico. E sa qual è la conseguenza, oltre all'intoppo?. Chi arriva alla fine del percorso, rivende l'autorizzazione. Si è creato un mercato che ha fatto salire il prezzo e che sta portando a una sorta di inflazione nel costo delle autorizzazioni".

Valgono "fino al 30% del costo di costruzione dell'impianto. Il congestionamento crea effetti inflattivi enormi su tutta la filiera. Il prezzo del pezzo di carta è dieci volte maggiore di quello che dovrebbe essere, con ripercussioni anche sul prezzo finale di vendita dell'energia prodotta. E chi sviluppa deve scontare già l'aumento dei prezzi dei pannelli e delle pale", ha spiegato.

Secondo l'ad, la soluzione è "chiedere a chi presenta i progetti di essere soggetti credibili, per esempio con una semplice fideiussione come avviene in quasi tutte le procedure pubbliche. Dovrebbe essere fatta una selezione qualitativa dei progetti presentati dal punto di vista tecnico e finanziario. L'Italia ha le potenzialità: ha un ottimo bilanciamento tra acqua, sole e vento. Dobbiamo usare tutte le tecnologie, che hanno un vantaggio: costano meno del fossile per produrre energia elettrica, in media 63 euro/MWh a fronte di una produzione termogas che costa il doppio".

Ipotizziamo di risolvere i problemi e di costruire i gigawatt di solare ed eolico rispettando i target, sappiamo che le rinnovabili sono intermittenti. "L'idroelettrico, che è già molto sviluppato ed è l'unica risorsa rinnovabile programmabile, può ulteriormente incrementare tale caratteristica attraverso i pompaggi. L'Italia è il terzo produttore in Europa dopo Norvegia e Francia e il 40% di tutta l'energia rinnovabile viene dall'acqua. Abbiamo stimato in 15 miliardi gli investimenti per poter fare il revamping degli impianti che risalgono alla prima metà del Novecento e costruire nuovi pompaggi per assorbire la sovraproduzione di solare ed eolico", ha spiegato Mazzoncini.

L'idroelettrico però non basterà a stabilizzare la rete, "sappiamo che dobbiamo costruire gli storage con le batterie. I costi si stanno abbassando. E si parla sempre di più delle batterie a flusso, che non si degradano prima di 25-30 anni, e di sistemi di accumulo energetico di tipo gravitazionale, che non hanno limiti di tempo e arrivano fino a 100 megawatt. A2A per esempio ha investito nella startup italiana Energy Dome, che ha brevettato una nuova batteria basata sull'utilizzo dell'anidride carbonica che ottimizza lo stoccaggio e l'impiego di energia da fonti rinnovabili", ha concluso l'ad.

cos

 

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November 13, 2023 02:19 ET (07:19 GMT)

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