Gira che ti rigira, il nodo più importante attorno al quale stanno discutendo (e probabilmente discuteranno) tutti i soggetti coinvolti nella vicenda Tim-rete nazionale è quello del prezzo di Netco.

Le dichiarazioni dopo i tre tavoli che si sono finora tenuti nella sede del Ministero per le Imprese e per il Made in Italy sono state tutte di circostanza. Si stanno cercando le soluzioni, si stanno valutando le alternative.

Ma il punto reale, scrive Milano Finanza, è quanto costa spostare Netco da Tim. Si trovasse l'accordo su quello, il «come» sarebbe quasi secondario. Giovedì 29 si terrà una nuova riunione e le parti torneranno a sedersi al tavolo, ma l'obiettivo non dichiarato è capire che valore dare agli asset infrastrutturali di Tim e successivamente, una volta trovato questo valore, capire quale soggetto sarebbe in grado di spendere la cifra in questione. La variabile cambiata rispetto a qualche mese fa, che non è sfuggita a chi interpreta la partita non solo dal punto di vista finanziario ma anche da quello politico, è che per la prima volta i francesi di Vivendi sono seduti al tavolo delle trattative. Per molti non è un caso.

In questo senso vanno lette le dichiarazioni ceo del gruppo transalpino, Arnaud de Puyfontaine, che di recente si è detto «grato a questo governo ed in particolar modo al Mimit e al Ministro Adolfo Urso, e agli altri dicasteri competenti, per aver creato le condizioni e un clima sereno e costruttivo che accompagna il lavoro dei tavoli tra governo e azionisti di maggioranza di Tim». L'obiettivo, ha aggiunto il manager di Vivendi è «trovare una soluzione condivisa che risponda agli obiettivi di governo e che soddisfi tutti gli stakeholders nell'interesse del Paese». Arnaud de Puyfontaine ha concluso di ritenere che «questo clima sia propedeutico per considerare altri investimenti in Italia che possano suggellare la partnership tra Italia e Francia».

Tradotto, la questione Tim va inserita in un contesto più ampio e internazionale e per molti va letta nell'ottica delle relazioni politiche tra Italia e Francia. Se questa è l'interpretazione corretta, ecco qual è il problema della trattativa in corso a Roma. L'offerta da parte di Open Fiber per Netco non è mai stata consegnata al cda di Telecom Italia, ma le indiscrezioni da mesi scommettevano sul fatto che la prima proposta sarebbe stata intorno ai 15-16 miliardi, valutazione che come è noto è molto inferiore a quella che aveva fatto Vivendi per gli asset infrastrutturali. La sensazione è che pur consci della difficoltà di questa trattativa, tutte le persone al tavolo del Mimit siano consapevoli che andrà individuato un prezzo che stia bene a tutti. E se sarà molto superiore a quello che avrebbe proposto Open Fiber l'idea al momento è cercare di convincere altri soggetti pubblici a entrare nell'operazione.

Malgrado il clima sia effettivamente costruttivo, il compito non sarà facile. Il tutto senza contare che il valore di Netco è una variabile che dipende anche da quanto debito e quanti dipendenti è previsto che vengano scorporati insieme alla società. Anche per questo la variabile «sindacale» potrebbe avere un ruolo in questa trattativa.

Per dirla in maniera un po' approssimativa, non conta solo quanti dipendenti dovrebbero essere trasferiti con Netco, ma anche che tipo di dipendenti, dall'età alla qualifica. E stesso ragionamento potrebbe valere sul debito, che andrebbe valutato sia per quantità sia per qualità. Insomma, l'obiettivo è più chiaro di prima: si deve cercare di realizzare una rete nazionale, che quindi comprenda sia la rete di Tim, sia quella di Open Fiber sia Sparkle (l'infrastruttura wholesale internazionale) ma tenendo conto delle esigenze di tutti i soggetti coinvolti, compresi quelle dei francesi, che non a caso prima avevano la sensazione di essere considerati un corpo estraneo se non ostile.

alu

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MF-DJ NEWS

2709:43 dic 2022

 

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